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Stati Uniti e Canada compiono un grande passo per ridurre gradualmente l'uso di olio combustibile pesante nell'Artico

30 dicembre 2016 Area di lavoro: Carburanti a zero emissioni di carbonio

In una dichiarazione congiunta rilasciata il 20 dicembre 2016, il Presidente Obama e il Primo Ministro Trudeau hanno annunciato numerose iniziative per proteggere l'Artico, tra cui (1) la designazione della maggior parte dei mari di Chukchi e Beaufort come indefinitamente off limits al leasing di petrolio e gas offshore; (2) l'avvio di nuovi processi per identificare le rotte di navigazione sostenibili in tutte le acque artiche statunitensi e canadesi; e (3) l'impegno a sostenere e rafforzare i fermi di pesca commerciale esistenti nei mari di Beaufort e Chukchi. Infine, il Presidente Obama e il Primo Ministro Trudeau hanno anche annunciato l'inizio di una strategia per ridurre gradualmente l'uso di olio combustibile pesante (HFO) nell'Artico.

Mentre le chiusure di petrolio e gas offshore hanno ricevuto la maggior parte dell'attenzione dei media, riteniamo che l'impegno congiunto relativo all'uso di HFO nell'Artico non abbia ricevuto la copertura che merita. In particolare, gli Stati Uniti e il Canada hanno annunciato non solo di essere al lavoro per ridurre gradualmente l'uso di HFO nell'Artico, ma anche di voler chiedere formalmente che l'Organizzazione marittima internazionale (IMO) prenda in considerazione l'uso di HFO nell'Artico durante la sua prossima riunione. L'IMO è un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite responsabile del miglioramento della sicurezza marittima e della prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi.

L'impegno di Stati Uniti e Canada è particolarmente gradito nel nuovo clima politico e giunge a distanza di pochi mesi da quando entrambi i Paesi hanno presentato al Comitato per la protezione dell'ambiente marino dell'IMO un documento in cui si afferma che "una fuoriuscita di olio combustibile pesante nell'Artico potrebbe causare danni a lungo termine all'ambiente". Questo annuncio non solo stabilisce che gli Stati Uniti sosterranno la riduzione graduale dell'HFO nell'Artico, ma anche che l'amministrazione Obama si impegna a compiere i passi procedurali necessari per far sì che questa importante questione venga formalmente presa in considerazione dall'IMO.

Le future discussioni sull'uso dell'HFO nell'Artico in occasione della prossima riunione dell'IMO riguarderanno probabilmente sia le emissioni nocive prodotte dalla combustione dell'HFO sia i rischi di fuoriuscita associati all'uso dell'HFO.

In generale, l'uso di HFO come combustibile produce emissioni più elevate di inquinanti atmosferici come ossido di zolfo, ossido di azoto, particolato e black carbon (BC), rispetto ad altri combustibili marini. Il black carbon, che è il componente del particolato che assorbe maggiormente la luce, influenza il clima artico attraverso due diversi meccanismi. In primo luogo, quando il black carbon è nell'aria, riscalda direttamente l'atmosfera artica assorbendo la radiazione solare che altrimenti sarebbe stata riflessa nello spazio. In secondo luogo, quando il black carbon si deposita su superfici chiare, come la neve e il ghiaccio artici, riduce la quantità di luce solare riflessa nello spazio. Questo processo provoca una ritenzione di calore e, in ultima analisi, contribuisce ad accelerare lo scioglimento della neve e dei ghiacci artici. Uno studio recente ha rilevato che il black carbon emesso da fonti artiche ha un effetto di riscaldamento cinque volte superiore a quello del black carbon emesso alle medie latitudini.[1]

L'uso dell'HFO presenta anche un rischio sostanziale di fuoriuscita, in quanto è quasi impossibile da ripulire nell'ambiente artico. Poiché l'HFO è altamente viscoso, si emulsiona rapidamente sulla superficie dell'oceano. Inoltre, in condizioni di copertura ghiacciata pari o superiore al 10%, i bracci e gli skimmer convenzionali, tipicamente utilizzati per contenere e recuperare le fuoriuscite di petrolio, sono inefficaci. A tutte queste complicazioni tecniche si aggiungono le difficoltà naturali create dall'ambiente artico, tra cui i pericoli per la navigazione come il ghiaccio marino, la mancanza di infrastrutture, le forti tempeste, gli alti venti e i periodi stagionali di oscurità di 24 ore. Le fuoriuscite di HFO hanno anche conseguenze acute e a lungo termine sulla vita marina. Gli effetti immediati di una fuoriuscita di HFO comprendono l'ipotermia e la morte degli uccelli marini e dei mammiferi marini, mentre gli effetti a lungo termine comprendono la riduzione dei tassi di crescita e di riproduzione di varie specie.

I rischi di emissioni e fuoriuscite associati all'uso di HFO nell'Artico sono destinati ad aumentare con la diminuzione della copertura del ghiaccio marino artico e la maggiore accessibilità delle rotte di navigazione alle navi che utilizzano HFO. Purtroppo, l'Artico sta già iniziando a vedere questi cambiamenti. Infatti, la U.S. Arctic Report Card 2016, pubblicata dalla U.S. National Oceanographic and Atmospheric Administration, ha recentemente riportato che l'estensione minima del ghiaccio marino alla fine dell'estate 2016 è stata la seconda più bassa nella storia dei satelliti, iniziata nel 1979. Inoltre, il Ministero dello Sviluppo Economico russo ha recentemente presentato i dati che dimostrano che le spedizioni nei porti lungo la rotta marittima settentrionale russa nel 2016 hanno raggiunto un massimo di 6,9 milioni di tonnellate. Questo numero è il più alto dall'epoca sovietica e si prevede che aumenterà solo con l'apertura delle rotte marittime artiche.

Sebbene l'uso di HFO nell'Artico sia in ultima analisi una questione globale, la dichiarazione congiunta di Stati Uniti e Canada dimostra una leadership significativa e rappresenta un passo importante per proteggere l'Artico dai rischi dell'uso di HFO. Per coloro che si impegnano da tempo su questo tema, sia a livello nazionale che internazionale, questo annuncio è una notizia gradita.

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